Carlo Corsi

CARLO CORSI

“[...] fino dall'infanzia, per mio sfogo e diletto e per la tranquillità comune, in famiglia capirono che dovevo essere continuamente fornito di lapis, matite, colori, forbici, carte e cartoni. Non sapevo neppure io quello che facessi e perché lo facessi”

(C. Corsi, 1949).

INFANZIA ED ISPIRAZIONE

Carlo Corsi, nasce a Nizza l’8 gennaio 1879; ultimo di due figli, cresce in una famiglia di artisti: il padre tenore, la sorella soprano lirico-leggero e lo zio materno compositore.

Nel bel mezzo delle grandi riforme repubblicane francesi, la famiglia Corsi decide di trasferirsi a Bologna quando Carlo ha ancora due anni.

Seppure già in tenera età si evince il suo interesse per l’arte, il giovane Corsi è indirizzato dalla famiglia verso una formazione classica e successivamente viene iscritto alla facoltà di ingegneria. 

Tuttavia non è possibile reprimere le pulsioni, sono due infatti gli eventi che svegliano il Corsi artista: il primo a nove anni, presso il Monastero di San Michele in Bosco a Bologna - ai tempi collegato con i Giardini Margherita tramite la funicolare - in cui erano esposte alcune opere di Segantini e Favaretto e, come un’epifania, in quell’occasione il giovane Carlo capiva che la sua più grande passione era la pittura. Ma non fu abbastanza fin quando alla sorella Emilia, già al culmine della sua carriera, venne assegnata la parte di Sieglinde ne Le Valchirie; Corsi poteva così accedere alle prove e frequentare un ambiente ben lontano dalla facoltà di Ingegneria. Decise così di interrompere gli studi per dedicarsi completamente alla pittura, iniziando a frequentare la Pinacoteca civica, primo importante gradino della sua formazione artistica.

FORMAZIONE E SECESSIONE

Il periodo alla Pinacoteca civica servì al giovane artista a mettere le basi per una carriera promettente, affascinato dalla pittura emiliana del Seicento iniziò quindi il suo lavoro da copista con la guida di Alessandro Scorzoni, pittore bolognese e suo primo maestro.

Mentre Corsi manifestava da subito un animo artistico indipendente, sempre originale e privo di etichette, la pittura bolognese dei primi del Novecento era confinata in orizzonti ben più ristretti, circoscritti al simbolismo e all’arte floreale, lasciando poco spazio a nuove forme ed ispirazioni.

Amante del bello e sempre alla ricerca di qualcosa, nel 1902 il ventitreenne Carlo si trasferisce a Torino dove frequenta l'Accademia Albertina fino al 1906, qui conobbe il pittore e maestro piemontese Giacomo Grosso, grande ritrattista che gli trasmetterà una rigida formazione ma anche grande motivazione.

Una volta diplomatosi e tornato a Bologna decise, l’anno successivo, di intraprendere un viaggio per l’Europa, un gran tour au contraire che gli permette di visitare l’Olanda, il Belgio (Bruxelles) e la Francia (Parigi), apprezzando preziosi musei e maestosi paesaggi, ma soprattutto studiando ciò che più amava dei suoi contemporanei postimpressionisti e dei maestri del passato come Vermeer e Franz Hals.

Se nelle prime opere “il francese di Bologna” sperimenta i toni caldi, poco dopo introduce colori brillanti alla sua tavolozza, influenzato dalle cromie e dai soggetti matissiani.

Ciò che fa il pittore nizzardo è donare le sue molteplici sperimentazioni artistiche ed interpretazioni del mondo focalizzando l’attenzione su soggetti femminili: donne immerse in un paesaggio naturale o in un ambiente domestico di alta borghesia, intente a leggere un giornale (tendenzialmente solo le donne abbienti ricevevano un’istruzione che permetteva loro di saper leggere) o semplicemente sedute; momenti di vita quotidiana della borghesia rappresentati con stupefacenti effetti di luce e giochi di colore, veri protagonisti dell sue tele. Dalle figure più definite a quelle più idealistiche ed appena accennate che danno spazio all’astratto.

TRA RINNOVAMENTO E SPERIMENTAZIONE

Mentre il suo stile pittorico raggiungeva evoluzioni sempre più vicine alla completezza, nel frattempo la critica riconosce ed apprezza l’arte di Corsi che inizia ad assaporare le prime gratificazioni, come nel 1912 quando viene invitato alla Biennale di Venezia, a cui parteciperà fino al 1958.

Negli anni Dieci del Novecento “il poeta del colore” è tra i più apprezzati artisti bolognesi insieme agli amici G. Romagnoli, A. Protti, G. Pizzirani e Alfredo Grandi (noto con lo pseudonimo di Garzia Fioresi) - è con loro infatti che, sotto la guida di Alfredo Protti, fonda La Moderata Avanguardia Bolognese: non un vero e proprio movimento artistico (anche perché non avevano uno stile comune) ma un modo per condividere le esperienze e le tematiche anticonformiste delle numerose Secessioni Romane a cui avevano partecipato in quegli anni a partire dal 1914, esponendo nella sala a loro dedicata.

Nonostante la prima guerra mondiale alle porte, il pittore secessionista per eccellenza, che aveva mantenuto vivi i suoi gusti postimpressionisti e che portava avanti i suoi studi di luce in un’Italia che stava cambiando, viveva il fiore della sua carriera partecipando a mostre nazionali ed internazionali come a Monaco, a San Francisco nel 1915 e presenziando a tutte le Secessioni Romane fino al 1917.

Dopo una breve pausa dovuta al conflitto mondiale, negli anni Venti Corsi venne invitato per la seconda volta alla Biennale di Venezia (1924), partecipando anche a numerose mostre in tutto il territorio italiano: dalla Biennale romana alla Primaverile fiorentina ma soprattutto torna a sperimentare nuove tecniche di colore caratterizzare ora da fasci di luce e bagliori su toni tendenti al giallo\arancio.

Con l’avvicinarsi degli anni Trenta, il pittore dei colori intraprende il periodo più sperimentale della sua carriera che lo accompagnerà, con le dovute evoluzioni, fino agli anni Sessanta.

Appartengono a questi anni infatti gli studi a tempera, le forme sempre più astratte e le grandi composizioni; iniziano inoltre i primi esperimenti di collage

ETERNO GIOVANE

Se per alcuni sperimentare significa andare oltre i propri confini, Corsi sperimentò in modo del tutto singolare: estraniandosi dalle scene, apprezzando l’innovazione che cercava in ogni modo a lui possibile, non identificandosi mai in un preciso movimento artistico, regalando sempre qualcosa di diverso fin tanto da stravolgere completamente la sua arte.

Fu eclatante a tal proposito l’assegnazione del Premio Bergamo del 1941, che doveva andare ad un giovane artista ma invece fu consegnato all’ormai più che sessantenne Carlo Corsi a dimostrazione della sua intramontabile originalità ed ecletticità. 

Come se a ridosso di ogni conflitto mondiale il francese di Bologna ritrovasse la sua fama, assistiamo per la seconda volta all’ascesa del pittore dopo un lungo silenzio, dovuto in parte al suo allontanarsi dai canoni pittorici del tempo e in parte alla guerra stessa.

Nel 1943 partecipa alla Quadriennale di Roma e partecipa a diverse edizioni della Biennale di Venezia. In questi anni intesse rapporti amichevoli con lo scultore Ugo Guidi, con il caricaturista Mario Pozzati e con il pittore e pubblicitario Saverio Pozzati, tutti più giovani di lui di quasi una generazione e protagonisti del nuovo panorama artistico bolognese.

Sempre attivo in prima linea, nel 1945 Corsi fonda insieme ad altri colleghi la galleria Cronache, per promuovere ancora una volta un’azione di rinnovamento nell’arte bolognese.

Nella seconda metà degli anni Quaranta, intorno al 1947, il secessionista si dedica a quella che prima era solo sperimentazione ed ora caratterizza la sua arte fino agli ultimi giorni: collage astratti e tempere.

Mentre i collage astratti sono creati con carte colorate, cartoni ondulati, nastri, manifesti strappati; le tempere gli permettono di spaziare fino all’uso completamente libero del colore.

ULTIMI ANNI E MORTE

Nel 1954, dopo la Biennale di Venezia, Carlo Corsi viene invitato a Palais des Beaux-Arts di Bruxelles per una mostra interamente di collage. Colui che veniva ammirato per l’uso libero e sapiente di toni caldi, brillanti cromature e donne borghesi ora viene riconosciuto per altre sfaccettature della sua arte, come se per la critica ed il pubblico esistessero due artisti diversi.

Giunto quasi al termine della sua vita, nel 1964, presso il Museo Civico di Bologna viene allestita una grande antologica a cura di Francesco Arcangeli.

Due anni dopo, il 27 agosto 1966 muore Carlo Corsi, a Bologna, dove è sepolto.

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